E sbatti e batti
e premi, infame come un qualsiasi te stesso
sulle impronte sulle quali hai sgomitato
nella tua bella lettera 35.
Le affinità, le mute lune viscide
nel frastuono nero.
Ci si infrange e ci si augura buona fortuna.
Le vuote viscere si chiedono chi tu sia,
tu che sussurri,
tu mostro.
Eppure, si dice in giro
che tu sappia agghindare un sorriso
ma sai solo come morire ogni giorno,
ogni tanto ed ogni mondo
come al teatro con l’inchino
e coi saluti e coi sinonimi
tanto per dire
cose che non sai.
Notte, amica che ti ammicca
ferie dissoluta senza medicina,
splendore come una puttana
ti prego lasciami in ginocchio,
sfiorami e non svegliarmi più.
Abbracciami e prenditi gli occhi miei,
saprò diventare notte
meglio forse
anche di te.