Spremevano le nere nuvole quel tanto che bastava
si inumidiva la mia mia fronte
steso a terra mi ero arreso.
Temevo parlare
e nudo mi vergognavo,
in balia del vuoto
ero un ritratto
e il mondo spettatore,
peccato per quella svelta pennellata
peccato per la disgrazia,
disinibita fessura tra le idee
mi venne voglia di morire.
Sgraziato il corso delle ore
dava sfogo alla libido
venerando giocondi feticci
sfuggendo al tocco delle mie affusolate dita
spariva dietro l’angolo che ognuno teme,
nel ventre del mostro
che in grembo noi si tiene,
in silenzio
all’oscuro dagli altri.
Pianse cigolando la porta,
promettendo di fingere ancora
sollevai gli occhi neri,
e fuggii via.
Ancora.