Esserci
come un grammo di sguardo nel palmo della mano.
Tornare
come un livido
che nello stomaco ruggisce
e ti grazia del perdono.
Chiede di uscire
con preghiere che a forza di bisbigli
si sono attorcigliate
perse e raffreddate.
Lascialo uscire.
Tutto va fuori
il male
il nero
i materassi spogliati
e i vetri pallidi appannati
le fenici che scoppiano di risate
i sospiri al vento
il cemento che s’asciuga come le rughe sul mio viso
come i pianti dei muri
che scavalcavo a mani nude
i fossati
le emozioni umide
tutto va fuori
le viscere dagli occhi
l’alito malvagio
l’anti Cristo che ospito
il permesso promesso
l’edema
i nomi in fila e i numeri spaiati
pagine troppo colme per restare aggrappate l’una all’altra
le dita che scorrono sulla schiena
e scrivono poesie
così forti che sfamano i lampioni per le strade
io che ci passeggio e faccio rumore.
Si, faccio rumore.
Tutto va fuori
sbattendo la porta.
Tutto se ne vada fuori!