Odio fare il morto a galla
e sentire le onde sbattermi i fianchi
contro le scogliere del mio infedele animo.
Urto contro le cartoline di paesaggi
che da bambino spedivo a volti ora sconosciuti
e fotografo i lamenti di ricordi
che sbiadiscono nelle mie tasche
con un francobollo destinazione un po’ più in là.
Io ti chiamo panico,
amplesso tra calma e agitazione.
Crudele per farti chiamare giusto,
mi calpesti le nocche e mi blocchi gli impulsi
da non farmi alzar la tavoletta per pisciare.
Mi fai odorare di me
e sotterri nei cassetti delle mie paure
il mio fegato ed i miei baffi.
Vinciamo insieme,
noi che abbiamo coraggio dell’aver paura.
Panicami anche domani
che mi sentirò ancora una volta un uomo.
Solo così. Soltanto così.